Il Bosco del Lusignolo


Il Bosco del Lusignolo si sviluppa lungo il canale che dà il nome al parco (il Lusignolo, appunto) in località Casacce e interessa i comuni di San Gervasio Bresciano, Cigole, Milzano e Alfianello.

Nato nell’ambito dell’iniziativa denominata “Dieci grandi foreste per la pianura” relativa al miglioramento della qualità ambientale e della sostenibilità del territorio a cura della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, il progetto ha previsto il rimboschimento di circa 40 ettari per la realizzazione di un bosco autoctono nel pieno rispetto della morfologia del territorio, attraverso la realizzazione di laghetti, piste ciclabili, attrezzature sportive, etc.

Il bosco risulta costituito prevalentemente da alberi appartenenti alle seguenti specie:

  • Acer campestre
  • Alnus glutinosa
  • Carpinus betulus
  • Fraxinus excelsior
  • Populus alba
  • Prunus avium
  • Quercus robur
  • Salix alba
  • Tilia spp.
  • Ulmus campestris

che vanno ad aggiungersi ai già pre-esistenti esemplari di:

  • Juglans regia
  • Platanus acerifolia
  • Populus nigra
  • Robinia pseudoacacia

La realizzazione del bosco ha previsto anche l’utilizzo di diverse specie arbustive (viburni, evonimi, ligustri, crategus, rose, etc.) con la creazione di isole per l’accoglienza dell’avifauna stanziale e di passaggio.

Il bosco è costituito da diverse parcelle collegate tra loro mediante passaggi, ponti, etc.

LA DIFESA DEL BOSCO

Il ciclo vitale di un bosco viene influenzato da innumerevoli fattori biotici e abiotici. Tra questi ultimi l’ambiente con tutte le sue caratterizzazioni (temperatura, piovosità, umidità, composizione pedologica del terreno, giacitura, esposizione, grado di insolazione, etc.) rappresenta l’elemento cardine che può decretare il successo o il fallimento di una specie in un territorio.

Tra i fattori biotici si considerano i parassiti e i patogeni, sia di origine animale che di origine vegetale, che possono, attraverso molteplici strategie, possono provocare danni o malattie.

Nella fase giovanile gli alberi utilizzano la maggior parte dell’energia prodotta per aumentare la propria massacorporea e tale sforzo energetico deve essere supportato da una cospicua massa fogliare dal momento che il processo fotosintetico produce l’energia richiesta dall’albero per crescere in altezza e fortificare le proprie strutture di sostegno.

Molte patologie comportano la riduzione o addirittura l’annientamento dell’apparato fogliare e quindi costituiscono un vero e proprio handicap per la normale attività fisiologica dell’albero.

Tale handicap può essere letale se il sintomo interessa esemplari giovani e da poco affrancati o comunque di recente piantagione.

Da qui la necessità di preservare l’integrità della chioma da insetti o malattie che portino alla defogliazione dell’albero.

Le strategie di controllo più diffuse sono quelle che richiedono l’impiego di prodotti chimici (insetticidi e anticrittogamici) che colpiscono in modo più o meno specifico l’agente patogeno.

Ciò nonostante quando si tratta di intervenire in un ambiente fortemente antropizzato o comunque in un ambiente dove la presenza dell’uomo, ma anche degli animali, è piuttosto frequente è opportuno ricorrere a metodologie di intervento a basso se non addirittura nullo impatto ambientale.

Diventa in questo caso prioritario il pieno rispetto della entomofauna utile che non deve essere assolutamente disturbata da questa azione esterna.

Per tale motivo negli ambienti dove il controllo dei parassiti ha come obiettivo non solo la sanità della pianta ma anche latutela dell’utente, vengono adottati i principi della lotta integrata.

LA LOTTA INTEGRATA

La lotta integrata può essere definita come un sistema di controllo degli organismi fitopatogeni mediante l’utilizzo di tecniche diverse ma che rispondano tutte al principio della eco-compatibilità ambientale.

Il punto cardine di questo sistema è che, ove possibile, l’intervento chimico debba essere sostituito dalla lotta biologica impiegando, ad esempio, parassiti e predatori naturali in grado di contenere l’agente patogeno.

Ogni intervento viene commisurato alla effettiva presenza dell’agente patogeno e alla sua dannosità nei confronti della pianta ospite o, in alternativa, in ambienti fortemente antropizzati (es. viali alberati o parchi cittadini) all’effettivo disturbo arrecato ai fruitori dell’area verde.

La lotta integrata viene attuata attraverso la razionalizzazione dell’uso delle risorse fitoiatriche che possono essere chimiche, biologiche, fisiche, agronomiche, biotecnologiche.

L’obiettivo finale mira alla salvaguardia della sanità delle piante e della fruibilità delle aree verdi con interventi che rispettino il sistema ecologico del sito.

Ove possibile l’intervento chimico viene messo in subordine a interventi:

  • Biologici: es. uso di bioinsetticidi come il Bacillus thuringiensis contro le larve dei lepidotteri);
  • Biotecnologici: es. uso delle trappole a feromoni utilizzando il principio della confusione;
  • Agronomici: es. regolarizzazione e programmazione degli interventi di concimazione, irrigazione, potatura;
  • Fisici: es. eliminazione delle porzioni infette e/o devitalizzate.

Solo quando nessuno degli interventi sopra descritti sortisce l’effetto desiderato, si deve far ricorso all’intervento chimico con la precauzione di utilizzare fitofarmaci a basso impatto ambientale come ad esempio gli insetticidi regolatori di crescita.

Tali prodotti dovranno pertanto essere altamente selettivi nei confronti degli organismi utili (es. pronubi), essere facilmente denaturati dall’azione biochimica del terreno e dall’azione fisica dell’atmosfera, e dovranno essere utilizzati nei periodi in cui non vadano ad interferire con l’attività dei nemici naturali degli agenti patogeni (ad esempio prediligendo, ove possibile, trattamenti invernali).

In altre parole l’applicazione dei principi di lotta integrata deve avere come obiettivo la protezione delle piante dagli agenti patogeni salvaguardando nel contempo l’ambiente e la salute pubblica.

LA DETERMINAZIONE DELLA SOGLIA DI INTERVENTO

La difesa del bosco dalle parassitologie animali e vegetali non viene eseguita quando si riscontra la presenza dell’agente patogeno bensì quando questo determina danni che possano compromettere la vitalità dell’ospite o in alternativa quando la sua presenza può recare disturbo agli utenti dell’area.

In definitiva la determinazione della soglia di interventodeve considerare due aspetti:

  • l’impatto che il danno o la malattia ha sull’ospite;
  • l’impatto che il danno o la malattia ha sui fruitori dell’area.

La soglia è pertanto di natura empirica e trae origine dall’osservazione, dalla conoscenza sia del ciclo biologico del patogeno che del parassita, dall’esperienza ricavata in situazioni analoghe.

Nel caso specifico del Bosco del Lusignolo le soglie di tolleranza o intervento devono essere più cautelative nei confronti degli alberi in quanto questi si ritrovano nella fase giovanile di intensa crescita.

Se in analoghe esperienze, ma con esemplari arborei adulti, poteva essere tollerata una presenza dell’agente patogeno fino al 20-30% (con riferimento al numero di foglie colpite per individuo), nel caso in esame (giovani esemplari messi a dimora da 1-2-3 anni) si è ritenuto più opportuno intervenire quando l’attacco dell’agente patogeno veniva segnalato su più del 10% degli esemplari considerati.

Il valore percentuale veniva determinato analizzando 100 esemplari in modo randomizzato.

I sopralluoghi eseguiti nel periodo maggio-settembre 2006 hanno evidenziato la pericolosa presenza dei seguenti agenti patogeni:

  • Hyphantria cunea: insetto polifago attivo su Acer sp.,Platanus sp. e Prunus sp.;
  • Caliroa varipes: insetto monofago attivo su Quercus sp.

Altri quadri patologici riscontrati durante il periodo di monitoraggio sono rappresentati da:

  • afidi e metcalfa;
  • mal bianco.

Per la tipologia e l’entità di danno provocati si è ritenuto non dover intervenire su queste ultime patologie che infatti hanno comportato effetti negativi molto limitati se non addirittura nulli sugli alberi.

MONITORAGGIO E DIFESA

Per la corretta attuazione della difesa fitosanitaria del bosco occorre conoscere:

  • la biologia dell’agente patogeno;
  • la biologia dell’ospite;
  • l’ambiente (che notoriamente influenza la crescita e lo sviluppo sia dell’agente patogeno che dell’ospite).

La conoscenza della biologia dell’agente patogeno consente di prevedere in quale periodo dell’anno il danno o la malattia può comparire.

Poiché il ciclo dell’agente patogeno è strettamente legato all’andamento climatico del luogo, l’apparizione del quadro sintomatologico può variare di anno in anno.

L’uso di trappole a feromoni permette di individuare il momento in cui l’insetto adulto inizia a sfarfallare e quindi consente l’individuazione del momento più propizio per iniziare l’intervento di contenimento del parassita qualora questi superi la soglia di tolleranza.

Le trappole a feromoni sono posizionate in numero di 2 per ettaro e vengono periodicamente controllate per determinare il ciclo biologico dell’insetto. Devono essere posizionate prima del previsto sfarfallamento e anche in questo caso si deve considerare che l’inizio delle catture e l’andamento del primo volo vengono fortemente influenzati dalle condizioni metereologiche.

Una corretta tempistica dell’applicazione del metodo contribuisce notevolmente al successo della difesa.

Inoltre l’efficacia degli interventi nei confronti della prima generazione può essere determinante per il contenimento dei danni causati da quelle successive.

In altri casi l’installazione temporalmente corretta delle trappole a feromoni può addirittura rilevare la non necessità di intervento.

Nel Bosco del Lusignolo queste trappole sono state utilizzate per seguire l’andamento della pullulazione di Hyphantria cunea in seconda generazione.

Il contenimento della prima generazione è stato invece effettuato subito dopo il conferimento dell’incarico in quando già dal primo sopralluogo era emersa una fortissima presenza di larve di ifantria americana su pruni e aceri di nuova piantagione nonché sui platani posti lungo le ripe del Lusignolo.

Il trattamento fitoiatrico è stato eseguito a partire dal 20 giugno ed è stato eseguito utilizzando il prodotto commerciale Delfin a base di Bacillus thuringiensis var. kurstaki.

I monitoraggi successivi hanno consentito di individuare il momento di massima attività delle larve di seconda generazione contro le quali è stato rivolto un trattamento a partire dal 25 luglio sempre utilizzando il prodotto commerciale Delfin.

La scalarità delle ovodeposizioni e quindi la scalarità delle nascite delle larve di seconda generazione, ha reso necessario la ripetizione dell’intervento a metà agosto.

Monitoraggi eseguiti nella terza decade di agosto hanno verificato il pieno successo dell’intervento fitoiatrico: la presenza di ifantria è stata riscontrata solo a livello residuale.

Per quanto riguarda invece Caliroa varipes, non essendo disponibili analoghe trappole per l’imenottero, il monitoraggio è stato eseguito verificando le rosure operate dal tentredinide sulle foglie di Quercus robur.

Anche in questo caso il primo intervento ha avuto carattere di urgenza in quanto più del 10% di esemplari di rovere risultavano attaccati dalla caliroa.

Purtroppo contro la limacina il mercato fitoiatrico non offre prodotti biologici analoghi a quelli utilizzabili su ifantria.

Escludendo prodotti chimici di sintesi, la difesa fitosanitaria sulle querce è stata realizzata con un prodotto il cui uso è consentito anche in aree urbane in quanto a basso impatto ambientale.

Il prodotto commerciale Confidor (principio attivo Imidacloprid) è stato utilizzato contro le larve di prima e seconda generazione.

Il primo trattamento è stato eseguito a partire dal 22 giugno: il secondo a partire dal 27 luglio.

I monitoraggi eseguiti nella seconda e terza decade di agosto hanno evidenziato la completa pulizia del fogliame delle querce.

MODALITA’ DELL’INTERVENTO FITOIATRICO

In considerazione della particolarità del luogo e dei principi ispiratori che regolano l’intervento fitoiatrico con i dettami della lotta integrata, la difesa fitosanitaria operata nel Bosco del Lusignolo è stata realizzata in modo localizzato.

I trattamenti anti-ifantria e anti-caliroa sono stati eseguiti unicamente sulle piante infestate e sui nidi sericei ben evidenti tra la vegetazione in modo da evitare inutili e a volte dannose aspersioni dei principi attivi nell’ambiente.

Infatti i prodotti utilizzati, pur avendo basso impatto ambientale ed essere ampiamente consentiti e utilizzati anche in ambiti antropizzati, possono avere effetti collaterali andando a colpire insetti che per certi aspetti sono molto simili ai fitofagi ma che risultano assolutamente non dannosi.

La presenza di insetti utili o indifferenti è stata più volte verificata e documentata nel corso dei monitoraggi eseguiti durante il periodo di conferimento dell’incarico.

In tal modo l’intervento fitoiatrico è stato commisurato all’agente patogeno da combattere minimizzando o annullando gli effetti negativi sul resto dell’entomofauna.

Di contro gli interventi con atomizzatore a turbina sono stati limitati, in ragione della dimensione degli alberi, alla vegetazione arborea adulta già esistente lungo le rive del Lusignolo (platani, pioppi, robinie).

ESITI DELL’INTERVENTO

La difesa del bosco dalle parassitologie più pericolose non comporta mai la completa eradicazione dell’agente patogeno.

Del resto con la lotta integrata si vuole unicamente riportare la densità di popolazione del parassita ad un livello tale da non costituire disturbo né per l’albero né per l’utente del bosco.

In seguito ai sopralluoghi effettuati e ai risultati dei monitoraggi eseguiti sono stati eseguiti tre interventi fitoiatrici contro Hyphantria cunea e due interventi contro Caliroa varipes.

Il sopralluogo effettuato il 30 agosto 2006 ha fornito risultati ampiamente positivi.

La seconda generazione di Hyphantria cunea è stata letteralmente decimata e la sua presenza si è riscontrata solo a livello residuale su pochi e sporadici esemplari in posizioni periferiche non raggiunte dal trattamento di contenimento nonchè sulle porzioni apicali di alcuni platani posti lungo le rive del Lusignolo.

La terza generazione, pesantemente penalizzata dagli interventi di contenimento eseguiti sulle precedenti generazioni, non ha sortito alcun effetto dannoso.

La vegetazione di Quercus robur ha manifestato i segni di un pesante attacco di prima generazione di Caliroa varipes.

I monitoraggi eseguiti già dopo il primo trattamento di fine giugno avevano evidenziato una forte riduzione della popolazione dell’imenottero.

Tale riduzione è stata resa manifesta anche dalla comparsa di limitati danni da parte della seconda generazione e dalla sporadica comparsa di nuove manifestazioni di attacco su piante risparmiate dalla prima generazione.

Interventi commisurati al superamento della soglia di tolleranza per il prossimo anno, sicuramente comporteranno una minor infestazione del fogliame di Quercus robur.

Reportage

Lusignolo 01
Uno degli ingressi del Bosco del Lusignolo con mappa dell’area

Lusignolo 02
Una delle entrate del Bosco del Lusignolo

Lusignolo 03
Ponti e passerelle consentono la completa esplorazione del bosco

Lusignolo 04
Le giovani piantagioni autoctone si armonizzano con gli alberi preesistenti

Lusignolo 05
Entomofauna presente nel Bosco del Lusignolo: adulto di Lachnaea sexpunctata (Coleottero Cerambicide)

Lusignolo 06

Entomofauna presente nel Bosco del Lusignolo: forme giovanili di Metcalfa pruinosa ricoperte di secrezioni cerose biancastre

Lusignolo 07
Entomofauna presente nel Bosco del Lusignolo: larva di Acherontia atropos (Testa di Morto – Lepidottero, Sfingide)

Lusignolo 08

Entomofauna presente nel Bosco del Lusignolo: galla di Imenottero Cinipide con foro di sfarfallamento

Lusignolo 17
Entomofauna presente nel Bosco del Lusignolo: larve di Phalera bucephala appena sgusciate dalle uova

Lusignolo 09
Cimale di frassino danneggiato dall’attacco di Hyphantria cunea

Lusignolo 10
Nidi sericei di ricovero e nutrizione delle larve di Hyphantria cunea

Lusignolo 11
Larve di Hyphantria cunea in intensa attività trofica

Lusignolo 12
Primo piano di larva di Hyphantria cunea

Lusignolo 13
Foglie di Farnia scheletrizzate dalle larve di Caliroa sp.

Lusignolo 14
Le larve di Caliroa erodono la pagina inferiore delle foglie rispettando le nervature

Lusignolo 15
Larve di Caliroa in intensa attività trofica

Lusignolo 16
Larve verde-nero lucenti di Caliroa nell’atto di divorare la pagina inferiore delle foglie di farnia.

Lusignolo 18
Adulto di Caliroa sp.

 

Graziano Poli

Sono un disinfestatore esperto. I miei progetti di lavoro sono orientati all'ecologia applicata, e alla prevenzione. Per hobby fotografo la natura; anche quella che entra dentro casa.

Aree geografiche di intervento

Effettuiamo trattamenti antitarlo nelle seguenti regioni:
Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo.