Come stanare acari e insetti
Una malattia provocata da insetti o da acari esige un intervento di difesa urgente. Con una cura vaga rischi di pagare la posta, e di ricominciare daccapo; esponi la tua salute agli imprevisti, sarebbe meglio non rischiare.
Risolvi il tuo problema con un esame specialistico: permette di capire e di fare una lotta mirata. Conoscere le cause del problema, aiuta a prevenire le malattie dei parassiti.
Sono parassiti presenti in ogni luogo
La casa, l’ambiente di lavoro, ogni luogo dentro un edificio che possiamo immaginare come modello di un’ideale e serena quotidianità, anche se ben governati e protetti, possono offrire molti vantaggi a insetti, acari e altri organismi intrusi che, traendo beneficio, si adattano a vivere accanto a noi.
La condivisione dell’ambiente di vita e la sovrapposizione della nostra esistenza con almeno un tratto del loro ciclo biologico, sono inevitabili. Alcuni artropodi sono patogeni e, disporre di un valido strumento d’analisi permette di combatterli, risolvendo con precisione alcuni gravi disagi e malattie, tutelando così la salute.
Gli artropodi patogeni nelle nostre case potrebbero dilagare senza un sospetto, per via della loro impercettibilità: sono abili nell’essere sfuggenti e inafferrabili, in alcuni casi sono microscopici e invisibili. Abitano indisturbati gli angoli domestici fuori mano e poco controllati, oppure vivono in spazi per noi insignificanti: piccoli mondi che non c’immaginiamo.
C’infastidiscono, senza saperlo a volte li aiutiamo.
L’incontro con l’uomo in alcuni casi è accidentale ed episodico, siamo d’intralcio. E’ così per Scleroderma domesticum o Cephalonomia gallicola, e per altri insetti o acari che trovandosi intrappolati nella biancheria intima, pungono ripetutamente la pelle. Altri ospiti sgraditi c’inseguono dissanguandoci: siamo un pasto sicuro, a volte solo un rimedio rispetto alle loro vittime preferite.
Possono essere clandestini spontanei che s’introducono furtivamente nelle nostre case, oppure somigliare a indesiderati autostoppisti che approfittano dell’ingenuità altrui; di rado sono forestieri che capitano per caso.
Svegliarsi improvvisamente di notte con la percezione che qualcosa d’invisibile ci cammini sulla pelle, avvertire di colpo un prurito tanto fastidioso da spellarsi, starnutire o avere colpi di tosse entrando in una stanza, ritrovarsi sul corpo alcuni pomfi intensamente pruriginosi, sono solo alcune delle conseguenze causate dalla loro ferale compagnia.
Non penseremmo mai di essere stati protagonisti, nostro malgrado, del problema. L’infestazione potrebbe derivare dalla legna da ardere che abbiamo portato in casa, dalle foglie secche rotolate sul pavimento mosse da una ventata, da una macchia di muffa sviluppata sulla parete per l’umidità, e così per tanti altri verosimili esempi.
Il medico è il centro, poi viene l’esperto con l’analisi ambientale
Per ogni complicazione dermatologica o pneumologica il medico dev’essere l’unico punto di riferimento. Tuttavia, stabilito che la causa del disagio è un acaro o un insetto, serve uno specialista che applichi un metodo scientifico risolutivo. Attraverso l’anamnesi del caso e con un esame ambientale che continua in laboratorio, si riconosce con esattezza il patogeno.
La risoluzione è affidata all’esperienza e all’arguzia dell’esperto, alla sua conoscenza della bioetologia degli artropodi. La chiave che permette di aprire la porta è la lettura critica della mappa dell’infestazione ottenuta con gli esami: consente di mettere in relazione il patogeno con la realtà più generale del caso, e in particolare con ogni singola infrastruttura dell’edificio.
Comprendere con precisione il perimetro della contaminazione è obbligatorio per giungere alla risoluzione: permette di condurre un’efficace lotta mirata, riducendo il costo ecologico ed economico dell’intervento.
Escludi le disinfestazioni senza un obiettivo sicuro
Le disinfestazioni generiche, anche in presenza di un’analisi, non risolvono il problema e quasi sempre lo aggravano. Un intervento vago sollecita l’artropode a venire fuori dalla nicchia dov’è rintanato, e un’azione insetticida incompleta non lo elimina, per contro, potrebbe sparpagliarlo nell’ambiente.
Un trattamento indeterminato, quando va bene, produce un benessere effimero, un fragile equilibrio destinato a infrangersi dopo poco tempo.
Due casi che abbiamo risolto
Ci capita spesso di essere chiamati dopo una recidiva, e di fare i conti anche con l’angoscia del cliente ormai scoraggiato da trattamenti infruttuosi.
E’ il caso di un paziente con una grave dermatite ricomparsa in forma più acuta. I pomfi pruriginosi che avevano ricoperto il suo corpo erano provocati da Pyemotes ventricosus, l’acaro del tarlo dei mobili. Con esattezza abbiamo accertato che il problema era in una sedia tarlata. L’infestazione è stata risolta evitando di trattare la restante quantità di mobili e i soffitti dell’abitazione costruiti in legno.
Ricordo un cliente con il corpo martirizzato, ricoperto da lesioni provocate da Dermanyssus gallinae: l’acaro dei polli. Il referto medico riportava … lesioni eritemato-papulose. Dopo alcune vane e costose disinfestazioni estese inutilmente anche al tetto dell’edificio, la famiglia era sul punto di rinunciare e piantare il casale.
Dermanyssus gallinae è un acaro alla moda nelle città, con declinazione moderna è stato promosso acaro dei piccioni; e la sempliciotta linearità di pensiero fatica ad associarlo alle arcaiche galline. Così la pensava quel disinfestatore arrivato qualche giorno prima di noi, con due piattaforme aeree! Lui il filo con i polli l’ha perso, e a rimetterci le penne sono stati i clienti.
Il problema l’abbiamo risolto. Con l’analisi avevamo scoperto che gli acari imperversavano in ogni stanza del cascinale, a partire dal pollaio vicino al portico.
Prima di tutto avere le idee chiare
Prima di attivarsi per un intervento di disinfestazione è necessario capire, avere le idee chiare. E’ il fondamento della disinfestazione moderna. Essere innovativi implica anche una continua ricerca di nuovi strumenti che aiutino nella comprensione degli eventi, per l’applicazione pratica di flussi di lavoro coerenti e dal minor impatto ambientale possibile. Si tratta di stimolare continuamente l’individuale capacità di analisi e di essere curiosi, di aprire nuove finestre per fare entrare aria fresca, affacciandosi alla ricerca di nuove prospettive.
Anche per la difesa parassitaria vale la frase: “La salute non è solo assenza di malattia, ma è soprattutto assenza di rischio”; la prevenzione non dovrà mancare e i metodi d’intervento dovranno essere precisi e diligenti.
© Graziano Poli
Eurogreen esegue controlli e preleva campioni a domicilio. Con le analisi ricerchiamo insetti e acari, a casa o sul posto di lavoro. La diagnosi definisce con precisione scientifica gli artropodi attivi, e la loro interazione con eventuali sofferenze o malattie. Siamo in grado di fare trattamenti diretti a qualsiasi parassita.
Melasoma populi L.
Più comunemente conosciuto come crisomela del pioppo, vive appunto a spese dei pioppi e solo occasionalmente può attaccare i salici.
E’ un coleottero defogliatore il cui adulto, lungo 10-12 mm, è facilmente riconoscibile per le vistose elitre rosso mattone.
I danni sono provocati sia dagli adulti che dalle larve ma mentre gli adulti si limitano a effettuare caratteristiche bucherellature del lembo fogliare, le larve compiono dapprima erosioni dell’epidermide e del parenchima di entrambe le pagine. Successivamente l’attacco non risparmia neppure le nervature per cui la pianta può rimanere completamente scheletrizzata in caso di pesanti attacchi.
La crisomela sverna allo stadio di adulto nel suolo fra i resti disseccati della vegetazione spontanea o fra le foglie cadute a terra e già in primavera è in grado di provocare le prime erosioni sulle giovani foglie.
Dopo essersi adeguatamente alimentata, la crisomela si accoppia e le uova vengono deposte sulla pagina inferiore delle foglie a gruppi di qualche decina di elementi. Queste sono di colore giallo e diventano arancioni in prossimità della schiusura. L’ovodeposizione è scalare nel tempo e può protrarsi anche per 30-40 gg.
Le larve, bianche con punteggiature nerastre su tutto il corpo, nascono dopo un periodo di incubazione di una decina di giorni e vivono inizialmente gregarie per poi disperdersi sull’albero in prossimità della maturazione che sopraggiunge nel giro di un mese.
La metamorfosi avviene sulla pagina inferiore della foglia e porta alla comparsa dell’adulto nel giro di una settimana. L’impupamento è alquanto caratteristico poiché la pupa rimane appesa con la parte distale dell’addome all’epidermide inferiore della foglia.
In estate l’insetto compie una seconda generazione con comparsa degli adulti in settembre.
In autunni miti può comparire anche una terza generazione ma le larve non riescono mai a completare lo sviluppo e muoiono con i primi abbassamenti di temperatura.
Le saltuarie pullulazioni possono comportare gravi danni per i pioppeti, soprattutto in quelli più recenti.
Reportage
Le uova di Melasoma populi vengono deposte sulla pagine inferiore dele foglie di pioppo e salice
Le larve di crisomela rodono le foglie scheletrizzando completamente gli alberi
Inizialmente gregarie, successivamente le larve di crisomela diventano solitarie
A maturità la larva di crisomela si impupa rimanendo appesa alla foglia con la parte posteriore
Gli adulti di Melasoma populi compaiono a giugno e successivamente a settembre
L’accoppiamento segue una fase di intensa nutrizione per consentire la maturazione delle gonadi
Caliroa sp.
Al genere Caliroa appartengono tre specie di imenotteridefogliatori: C. annulipes, C. cinxia e C. varipes. Tutte le caliroe hanno come ospite specifico la quercia ma occasionalmente sono in grado di trasferirsi sul pioppo.
Tra le querce risultano poco sensibili Quercus rubra, Q cocciferae Q. suber.
Il danno è provocato dalle larve il cui corpo è completamente rivestito da una sostanza scura viscosa, emessa da ghiandole tegumentali, che li rende nero lucenti e le fa assomigliare a piccole lumachine. Questa sostanza mucosa quando la larva raggiunge la maturità scompare.
La forma delle larve è cilindrica con dilatazione nella parte anteriore. Esse hanno un comportamento gregario, divorano i tessuti della pagina inferiore delle foglie (parenchima) rispettando invece le nervature principali.
In caso di forti infestazioni, le larve, particolarmente voraci, scheletrizzano gran parte dell’apparato fogliare facendo acquisire all’albero attaccato un precoce habitus autunnale già in piena estate.
Gli adulti sono di colore nero, lunghi da 5 (C. cinxia e C. varipes) a 10 mm (C. annulipes). Le femmine depongono diverse decine di uova sull’epidermide della pagina inferiore delle foglie.
Le uova maturano nel giro di due settimane; a maggio fuoriescono le larve che raggiungono la maturità nel giro di un paio di settimane. Queste, una volta terminata la loro attività trofica, si lasciano cadere al suolo dove si imbozzolano.
Gli adulti di C. varipes e C. annulipes compaiono a giugno e compiono due generazioni in un anno.
Talvolta si può formare una terza generazione che però non riesce mai a giungere a compimento.
C. cinxia invece compie una sola generazione annuale e gli adulti compiono il loro primo volo a settembre.
Lo stadio di svernamento è invece uguale per tutte e tre le specie: nel terreno la larva si protegge all’interno di un bozzolo e trascorre l’inverno (larva imbozzolata).
Il monitoraggio viene svolto controllando il volo degli adulti (a giugno e a luglio) allo scopo di identificare il periodo di massima schiusura delle uova e quindi il momento migliore per contenere e ridurre l’attività delle larve.
La difesa viene condotta utilizzando prodotti citotropici che bloccano l’attività larvale.
Reportage
Il genere Caliroa attacca le foglie delle querce
Le larve divorano la pagine inferiore delle foglie
La forma delle larve di Caliroa è caratteristica: cilindrica con dilatazione della parte anteriore
L’attacco larvale porta alla scheletrizzazione delle foglie
Viene risparmiato unicamente il mesofillo fogliare
Danni ingenti si registrano soprattutto sulle querce in età giovanile
Gli adulti compaiono a giugno
Hyphantria cunea (Drury)
Hyphantria cunea (Drury) è un lepidottero defogliatore polifago, appartenente alla famiglia degli Arctidae. Segnalato in Europa per la prima volta negli anni Quaranta in Ungheria, la sua presenza in Italia risale ai primi anni Ottanta in Emilia.
Pur avendo una spiccata preferenza per acero (in particolare Acer negundo) e gelso, molto rare sono le piante arboree che sono state risparmiate dalla defogliazione negli anni Ottanta, periodo durante il quale l’arctide ha manifestato i maggior danni: tra queste si segnala la robinia.
È stata segnalata anche su alcune coltivazioni erbacee come il mais e la soia.
Gli adulti, farfalline bianche con piccole maculature nere sulle ali anteriori, compaiono da aprile ma è a maggio che la loro presenza raggiunge i picchi più elevati.
Ogni femmina è in grado di produrre anche un migliaio di uova deponendole preferibilmente sulla pagina inferiore delle foglie a gruppi di 50-100 unità.
Dalle uova dopo 15-20 giorni fuoriescono piccole larve che iniziano subito a costruire piccoli ma inconfondibili nidi sericei e biancastri raggruppando 2 o più foglie. All’interno di questi ricoveri le giovani larve si nutrono, in modo gregario, del mesofillo fogliare lasciando intatte le nervature principali. Le larve dopo le prime mute assumono un aspetto particolare per la presenza di lunghi peli bianchi e neri che ricoprono il corpo e vivono solitarie.
Contrariamente alle larve di Processionaria (Thaumetopoea pityocampa), questi peli non sono urticanti e non provocano fenomeni allergici.
L’effetto visivo di questo attacco e la defogliazione delle porzioni apicali dei rami e delle branche più esposte al sole.
L’attività defogliatrice prosegue fino all’incrisalidamento che avviene nel mese di luglio tra le spaccature della corteccia, fra i detriti alla base del tronco o in altri ripari.
Il secondo volo è il preludio per la comparsa della seconda generazione larvale (inizio agosto) che in caso di forte infestazione può portare alla completa defogliazione dell’albero.
In autunni particolarmente caldi si può presentare anche una terza generazione che comunque mai riesce a completare il ciclo.
L’inverno viene trascorso come crisalide al riparo sulla pianta o presso altro ricoveri (sottotetti, garage, etc.).
Negli anni Ottanta Ifantria ha costituito un vero flagello per gli alberi in città, nei parchi urbani ma anche in zone naturali come i boschi. In quel periodo non erano infrequenti gli attacchi anche ai frutteti con danni anche sui frutti.
Il danno è di ordine sia estetico (precoce defogliazione) che fisiologico con forti ripercussioni sulla vitalità degli alberi e sul loro accrescimento (riduzione dell’attività fotosintetica).
Il successivo contenimento della popolazione del lepidottero è in parte attribuibile a fattori abiotici come la sensibilità alle basse umidità e alle basse temperature. Il freddo invernale è in grado infatti di eliminare le crisalidi non ben protette. Il limite termico di sviluppo è di 9°C mentre gli adulti, con attitudini spiccatamente crepuscolari, richiedono almeno 15°C.
La difesa nei confronti della prima generazione può anche essere di tipo meccanico mediante l’asportazione dei nidi. Tale tecnica è comunque praticabile in caso di bassa infestazione e qualora i nidi siano facilmente accessibili.
Contrariamente, soprattutto quando l’infestazione è stata notevole nell’anno precedente, è necessario intervenire sia sulla prima che (soprattutto) sulla seconda generazione.
Ottimi risultati sono stati conseguiti con il Bacillus thuringiensis, un batterio sporigeno in grado di agire sulle giovani larve in attiva defogliazione. Meno brillanti sono i risultati sulle larve più mature che nutrendosi di meno o affatto non ingeriscono il microrganismo.
Pertanto per una buona riuscita di contenimento di Ifantria è indispensabile monitorare il momento adatto per il trattamento, utilizzando trappole a feromoni che permettono la cattura dei maschi e l’individuazione del momento migliore per colpire le piccole larve voraci.
Reportage
Le giovani larve si nutrono del mesofillo fogliare lasciando intatte le nervature principali
All’interno dei nidi costruiti riunendo più foglie, le larve continuano a nutrirsi del mesofillo fogliare
I danni sono ben evidenti sulle porzioni apicali degli esemplari arborei
Giovani larve di Hyphantria cunea in attività trofica.
Le larve di Hyphantria cunea sono dotate di un robusto apparato boccale masticatore
Le larve sono dotate di lunghe setole caratteristiche assolutamente inoffensive
Zampe toraciche in evidenza in larva di Hyphantria cunea
Larva matura di Hypantria cunea
Cossus cossus (L.)
Cossus cossus (L.) è un lepidottero polifago e xilofago. Comunemente chiamato “rodilegno rosso“, è in grado di svilupparsi a spese di centinaia di specie arboree (latifoglie) ma talvolta anche su piante erbacee come il carciofo o la barbabietola.
Gli adulti compaiono già nel mese di maggio, ma il massimo dello farfallamento, che prosegue ininterrotto fino a settembre, si ha in giugno e luglio.
Di colore marron-grigio con striature nerastre e il corpo tozzo e peloso, sono di notevoli dimensioni avendo un’apertura alare di 7-9 cm. Il colore del corpo si confonde con il colore della corteccia.
Le femmine sono poco mobili e frequentano preferibilmente i tronchi dove, dopo 48 ore dall’accoppiamento, possono deporre fino a 800 uova in gruppi di 20-30. Le uova vengono infilate, nella parte basale del tronco o in prossimità del colletto, tra le screpolature della corteccia e questo spiega il motivo per cui sono gli alberi adulti ad essere attaccati piuttosto che i giovani a corteccia ancora liscia.
Le screpolature della corteccia permettono alla femmina di mimetizzarsi e quindi di deporre le uova senza alcuna interferenza.
A volte l’ovideposizione, che dura in pratica tutta l’estate, può avvenire anche alla base delle branche ma in genere non sopra i due metri di altezza.
Il periodo di incubazione è di circa 2 settimane alla fine del quale fuoriescono le giovani larvette che mantenendo un comportamento gregario, incominciano a scavare sotto la corteccia fino ad arrivare al cambio. Qui trascorrono indisturbate l’inverno.
All’inizio della primavera successiva le larve riprendono i loro scavi e, questa volta individualmente, si approfondiscono nel legno fino a raggiungere il midollo ed emettendo, dai fori delle gallerie, un liquido scuro mescolato a rosure stoppose ed escrementi.
In genere le gallerie hanno un andamento acropeto.
E’ in questa fase che l’albero subisce i maggiori danni. L’escavazione delle larve, che nel tempo si ingrossano fino a raggiungere le dimensioni di un dito medio, interrompono il flusso sia ascendente che ascendente dei liquidi penalizzando notevolmente l’attività vegetativa e la durata della vita dell’albero.
Inoltre le gallerie larvali riducono la portanza dei tessuti di sostegno dell’albero creando una situazione di rischio di schianto imprevedibile. Se vengono attaccati i rami, questi possono spezzarsi facilmente per azione del vento o sotto il peso della neve.
Nelle piante coltivate per il legno si ha inoltre il deprezzamento del legname intaccato dalle gallerie e spesso anche deformato.
Nei climi più freddi l’attività xilofaga della larva prosegue per due stagioni e quindi il ciclo può durare 3-4 anni. Più frequentemente il ciclo si conclude dopo il secondo inverno quando le larve completano il loro sviluppo e iniziano a dirigersi di nuovo verso la superficie.
Le larve a maturità possono raggiungere anche i 10 cm di lunghezza: sono rosa con il capo nero da giovane e diventa più scura con la maturità. Pare che le loro mandibole siano così potenti da perforare il piombo (!).
L’incrisalidamento avviene nella zona sottocorticale in un bozzolo protetto verso l’esterno da detriti legnosi e rosume che otturano il foro di uscita, predisposto per tempo. La sfarfallamento dell’adulto avviene dopo circa un mese.
A volte può capitare anche che l’incrisalidamento avvenga nel terreno o su altre piante erbacee nelle parti a struttura legnosa (es. gambo del carciofo).
Nonostante il ciclo particolarmente lungo, Cossus cossus ha un elevato potenziale biotico determinato dalla notevole prolificità e fecondità delle femmine. Inoltre le larve e le uova riescono a resistere anche a temperature di -20°C. In pratica il freddo invernale che limita e attenua la sopravvivenza di alcune specie patogene, ha trascurabili effetti sulla popolazione del cosside.
Le piante dal canto loro oppongono una blanda difesa alla diffusione interna della larva che talvolta può venire inglobata con la linfa a livello sotto-corticale e quindi uccisa. Si è visto che in alberi in ottime condizioni vegetative, l’abbondante circolazione della linfa ostacola di fatto lo sviluppo delle larve.
Una certa azione di contenimento viene svolta dai predatori (uccelli, pipistrelli, etc.).
La lotta al cosside deve necessariamente basarsi sull’individuazione del volo degli adulti tramite le trappole a feromoni. A volte si possono ottenere successi anche con il metodo della confusione utilizzando le stesse trappole in maggiore numero e rendendo in tal modo più difficile l’incontro tra i sessi.
La lotta chimica deve essere condotta sulle larve appena sgusciate dalle uova e che ancora non si sono eccessivamente approfondite nel legno, irrorando i tronchi soprattutto nella parte basale. I migliori prodotti sono quelli ad azione citotropica che riescono ad attraversare gli strati più superficiali della corteccia.
In caso di infestazioni molto pesanti non è da escludere la distruzione delle piante colpite.
Ormai in disuso è la lotta meccanica eseguita con fili di ferro che vengono infilati nelle gallerie scavate dalle larve.
Una curiosità finale: con il nome Cossus gli antichi romani indicavano un piatto a base di grosse larve xilofaghe: non è però dato sapere se fossero larve di Cossus cossus o di qualche coleottero xilofago.
Reportage
Rosure che identificato il foro di uscita delle larve del Rodilegno rosso
Rosure stoppose ed escrementi in prossimità dei fori di uscita delle gallerie larvali
Giovani larve di Cossus cossus appena sgusciate dalle uova che inziano a scavare nella corteccia
Larva adulta di Rodilegno rosso che emerge dalla galleria larvale
Larva matura di Rodilegno rosso pronta a incrisalidarsi.
Larva matura di Cossus cossus
Larva matura in prossimità della galleria d’uscita
Larve di diversa età