Le nutrie


Dati bio-etologici

foto-nutrie

Animale non autoctono acquatico e terricolo, è stato importato dal Sud-America per essere allevato come animale da pelliccia (il cosiddetto castorino).
La nutria (myocastor coipus) è un grosso roditore, lungo 40-60 cm, più 30-35 cm di coda. Ha le zampe posteriori palmate, è chiamato anche Castorino e pesa da 5 a 10 kg.
La nutria è un animale dalle abitudini crepuscolari e notturne. Nuota nei fiumi, mangia pesci, vive anche nei campi, scorrazza nei prati e prolifica con regime esponenziale. Vive in colonie in prossimità dei corsi dacqua e dei laghi con fitta vegetazione, nei quali nuota, spostandosi da un canneto all’altro alla ricerca del cibo, costituito in prevalenza da vegetali. Le tane, a volte molto profonde, sono scavate lungo gli argini con l’ingresso posto sul pelo dell’acqua.
Si riproducono in media due volte all’anno, con cucciolate che contano dai due ai nove piccoli, dopo un periodo di gestazione di circa centoventi giorni. Lo svezzamento avviene al secondo mese di vita e, già un mese dopo, i nutria sono in grado di riprodursi, prima ancora di aver raggiunto il completo sviluppo. Fuggito a più riprese dagli allevamenti, in molte zone si è perfettamente ambientato dando vita a delle popolazioni selvatiche in nuovi areali.

I segni per riconoscerle

Tane negli argini di torrenti e canali dirrigazione (cunicoli mai troppo articolati); nidi costruiti con piante acquatiche; danni a coltivazioni di vegetali.

Danni e malattie

Diverse sono le responsabilità di questo roditore:

  • minaccia alla biodiversità
    La rapidità riproduttiva, unita all’assenza nel Delta dei suoi nemici naturali, determina il sovraffollamento di molte aree da parte di questi animali. In Sud America, infatti, molti grossi felini carnivori predano i nutria, ma in Europa soltanto i cuccioli possono essere vittima di predatori, per altro sempre più rari.
    Non essendo una specie autoctona, il nutria è riuscito a colonizzare con successo le nicchie ecologiche libere nel Delta del Po, probabilmente anche grazie alla scomparsa della lontra, mammifero acquatico ma carnivoro, che avrebbe potuto in parte ostacolare la rapida diffusione del nostro roditore. Le nutrie non facevano parte dell’ecosistema italiano e in esso sono state introdotte per via di accidentali fughe dagli allevamenti e dagli stessi allevatori una volta liberate dalle gabbie al tramontare della moda passeggera delle “pellicce di castorino”.
  • distruzione delle rive fluviali
    L’escavazione dei cunicoli che utilizza come tane, anche se poco articolate, é sufficiente ad indebolire seriamente gli argini.
  • danneggiamento delle colture agricole
    I danni che arreca al settore agricolo derivano dalla dieta della nutria che è in prevalenza vegetariana, con particolare predilezione delle parti fibrose delle piante acquatiche, come ad esempio radici o tessuti attorno alla base.
    Spesso abbandonano i canali per alimentarsi nei campi, specie di barbabietole, e sono in grado di abbattere i fusti del mais per meglio raggiungere le più appetibili pannocchie.
    Nella loro dieta sono presenti i molluschi che normalmente si trovano presso le acque dolci.
  • diffusione della leptospirosi
    A seguito di una indagine sul rischio sanitario nutrie l’Istituto Zooprofilattico di Brescia ha recentemente certificato che le nutrie selvatiche non sono portatrici di virus infettivi per l’uomo e per gli animali da allevamento.
    Topi e ratti sono la fonte primaria di persistenza di questa patologia. Diffusa nell’ambiente con le urine, il contagio avviene tramite alimenti, bevande o ferite cutanee infettate dall’urina di topi e ratti. La forma nell’uomo è molto grave e, se non diagnosticata in tempo, può portare alla morte. È ovvio che le nutrie, vivendo in un ambiente acquatico in convivenza con topi e ratti, siano, al pari di essi, contagiati dalle stesse forme patologiche e che vi sia la possibilità che questo animale possa determinare nel tempo uno squilibrio nell’attuale epidemiologia della leptospirosi.
    C’è da dire che le nutrie sono una apparizione recente nel panorama ambientale italiano, mentre la leptospirosi è sempre stata presente né risulta che essa sia particolarmente in aumento negli ultimi anni, confermando il fatto che le nutrie sono un fattore assolutamente marginale nella sua diffusione.

 

Aree geografiche di intervento

Effettuiamo trattamenti antitarlo nelle seguenti regioni:
Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo.