Cura del cipresso – 2 allarmanti parassiti


Il cipresso comune è elemento caratteristico del paesaggio bresciano, la sua presenza sul territorio offre indiscutibili vantaggi. Oggi ci chiediamo come curare il cancro del cipresso e come curare l’afide del cipresso: sono due malattie che minacciano l’albero e la sua bellezza. Conviene preoccuparci anche delle malattie dell’albero del nostro giardino. La cura del cipresso richiede una lotta parassitaria diligente, e una competenza specifica.

Premessa

Il cipresso ha una reputazione popolare di albero refrattario alle malattie, ma questa fama è una sopravvalutazione della reale resistenza alle avversità parassitarie.
La sua sorprendente tempra e altre qualità, hanno suggerito alcuni modi di dire, aneddoti che in alcuni casi sono macchiati di ambiguità.
La resistenza dell’albero, ad esempio, è con equivoco associata a quella del legno che se ne ricava: estremamente durevole e resistente all’acqua. Ma una cosa è la durabilità di un manufatto, altro è la resistenza alle malattie.
Oggi i popolamenti di cipresso sono seriamente minacciati, in primo luogo da un fungo e da un insetto.

Un albero suggestivo integrato con il paesaggio

Il cipresso nel paesaggio bresciano è un albero naturalizzato, viene coltivato per scopi ornamentali e come specie forestale.
In questo articolo mi riferisco al cipresso comune, nelle due varietà sempervirens e horizzontalis, non si tratta – come capita di sentir dire – d’individui maschio e femmina: sono due distinte varietà appartenenti alla stessa specie, Cupressus sempervirens.
La prima ha una chioma compatta e affusolata, che negl’individui veterani assume un portamento fastigiato imponente; la seconda mostra una chioma espansa e rami inseriti quasi orizzontalmente al fusto; gli alberi di questa varietà sono caratterizzati dall’avere un tronco del tutto visibile.

Il cipresso è elemento imprescindibile del paesaggio agrario collinare. Le cipressete miste sono largamente distribuite nelle fasce pedemontane e collinari al di sotto dei 600 m, arrivano a lambire i tratti rivieraschi dei laghi, ingentilendo il volgere dal monte al piano.
In questi ambienti il cipresso, per via della sua connaturata capacità di adattarsi ai terreni difficili, per la resistenza alla siccità, e per la particolare espansione e articolazione dell’apparato radicale, fornisce un contributo prezioso: collabora alla riqualificazione dei territori, alla difesa idrogeologica e ambientale dei versanti,  frena gl’incendi, è un presidio contro il degrado.

Gli aspetti ecologici si fondono con quelli culturali e storici. La sua tipica fisionomia e il suo portamento, similitudine di fiamma, lo accosta ancor oggi al culto dei morti; per il temperamento e per l’architettura della chioma, in passato, è stato scelto come riferimento e presidio di suggestivi e significativi punti del territorio.
Il cipresso ornamentale tra le piante forestali è specie particolarmente plasmabile con la potatura: si adatta a formare siepi, barriere fonoassorbenti e frangivento.
E’ un albero elegante che orna luoghi solenni e più in generale di vita pubblica, raffinati giardini, vaste tenute o più semplicemente argini e orli di appezzamenti rurali.

Ricordo un episodio che narra del carattere paesistico di certi ambienti della provincia di Brescia, popolati dai cipressi.
E’ una battuta del prof. Paolo Raddi, allora direttore dell’Istituto per la Protezione delle Piante del CNR di Firenze, che accompagnavo nello studio fitosanitario dei cipressi del complesso monumentale di San Martino della Battaglia.
Dopo aver osservato i dintorni, compiaciuto mi guardò esclamando: “Sembra di essere in Toscana!”.
Se “una Toscana senza cipressi non è più Toscana” (Ridolfi 1976), allora è giustificato chiederci se alcuni armoniosi territori della nostra provincia sarebbero gli stessi, se la conseguenza della trascuratezza e di certe malattie, fosse la degenerazione o la scomparsa del cipresso.
E’ un azzardo; lo so: la natura ci mette sempre una pezza. Ma suonano dei campanelli di allarme, è il momento di guardare agli alberi con più attenzione: alcune malattie del cipresso sono pericolose.


1. Il Cancro del cipresso (Cancro corticale)

Il cancro corticale è una malattia che ha messo in serio pericolo i popolamenti di cipressi. Il responsabile del cancro è il fungo Seiridium cardinale, in complicità con altri funghi ricorrenti e appartenenti anche ad altri generi.
Ai pesanti esiti determinati dalle infezioni fungine, si sono aggiunte le pullulazioni della Cinara cupressi, un afide responsabile dell’arrossamento e del disseccamento delle chiome. La cura del cipresso è argomento di attualità.

Eurogreen, in collaborazione con il CNR, ha eseguito studi sui Cupressus sempervirens radicati in estesi territori della provincia di Brescia, e su esemplari monumentali di privati. La ricerca aveva stabilito che circa l’80% degli alberi visitati risultavano sensibili al cancro.
Una ricettività che si manifestava in vari modi: da pochi rami sofferenti a interi organi devitalizzati. Quelli studiati erano gli alberi sopravvissuti alle ondate epidemiche degli anni Novanta. Alcuni cipressi avevano una resistenza naturale, altri, con il passare del tempo, pur mostrando i segni e i sintomi degli attacchi del fungo si erano corroborati.

Il Seiridium cardinale nel tempo ha mantenuta invariata la sua patogenicità, è un parassita ubiquo; per questo motivo si sente la necessità di una corretta gestione fitosanitaria del patrimonio arboreo, stabilmente esposto alle infezioni.
Gl’individui di cipresso, anche quelli che con il passare del tempo hanno sviluppato una relativa resistenza, a causa del fungo potranno subire danni gravi; altri alberi inevitabilmente moriranno.
I cipressi – è così per tutti gli alberi – non hanno un sistema immunitario, contrastano le infezioni strutturando barriere di cellule attorno ai punti d’infezione.
Queste cellule assieme al deposito di particolari sostanze, separano la zona infetta da quella sana. L’albero resiste se mantiene invariata nel tempo la sua individuale capacità di compartimentare definitivamente le infezioni.
Per reagire dev’essere in salute, e questo vale anche per le piante intrinsecamente resistenti al cancro. E’ una condizione di benessere che non possiamo assegnare a tutti i cipressi, in particolare a quelli radicati nelle aree più frequentate.

Il Seiridium cardinale è un fungo che infetta le piante penetrando dalle ferite. Sono piccole lesioni che potrebbero essere determinate da eventi naturali come il vento, il gelo, la grandine … ma l’uomo ci mette sempre del suo.
Accennavo alla plasticità del cipresso nell’essere impiegato come elemento strutturale di siepi: sono impianti assoggettati a potature; riflettiamo sui contagi che avvengono passando con gli attrezzi da un ramo all’altro, e tra piante diverse.
Ci sono pratiche di giardinaggio che sembrano fatte apposta per diffondere il fungo, ad esempio la rifilatura delle chiome eseguita per rettificare la silhouette: s’impiegano tosasiepi con lame mai disinfettate.
Se va bene, il ravvedimento al peccato, si concretizza in una finale spruzzata lava coscienza di fungicida.

2. L’Afide del Cipresso

La Cinara cupressi è un afide che a partire dalla primavera del 2013, ha provocato gravi danni al patrimonio silvicolo e ornamentale dei cipressi.
A causa delle infestazioni molte piante sono deperite, alcune sono morte.
Circolano voci che gli attribuiscono una parte delle responsabilità nella diffusione del cancro corticale, ma non ci sono prove scientifiche che sostengono questa tesi; ragionamenti di buon senso, basati sulla conoscenza della bioetologia dell’insetto, confutano la teoria.


C. cupressi ha piccole dimensioni, in condizioni ambientali favorevoli è in grado di originare popolazioni molto numerose.
Gli afidi succhiano grandi quantità di linfa, immettendo nei tessuti della pianta che li ospita sostanze tossiche. Il danno è determinato sia dalla sottrazione della linfa che dalla nocività della saliva. Le infestazioni determinano arrossamenti che possono interessare parti di rami fino 
all’intera chioma: in alcuni casi i danni sono irreversibili.
La recente pullulazione dell’
afide del cipresso sembra avere come causa ambientale (altre cause dovrebbero suggerire all’uomo un agire diverso) la blanda azione di contrasto dei fattori naturali di contenimento.
Nello sviluppo di questi parassiti influiscono specialmente le condizioni termo igrometriche: frenano lo sviluppo inverni molto freddi (riduzione della fecondità) ed estati segnatamente calde.
Con il livellamento delle temperature, principalmente invernali, viene a mancare un forte elemento di contrasto.
L’umidità aiuta gli afidi. A commento dell’improvviso aumento demografico ricordo la particolare piovosità della primavera-estate 2014.
Dovremmo poi considerare che negli ecosistemi antropizzati mancano o scarseggiano i predatori naturali, soprattutto gl’insetti.

La lotta dev’essere tempestiva e capillare, dovrebbe avere solide basi. Il presupposto è lo screening praticato prima dei sintomi dell’attacco: un’osservazione competente e il più estesa possibile ai cipressi di un territorio.
Determinare la consistenza della popolazione dell’insetto serve a sincronizzare i trattamenti, concentrando i mezzi tecnici e le risorse solo dove sono essenziali.
Ogni azione di lotta dovrebbe essere vagliata con il filtro della sostenibilità: un setaccio dalle maglie strette che riconosca le azioni coerenti.
L’afide del cipresso è vulnerabile per via del ridotto spessore dei tegumenti che rivestono il suo corpo; nel periodo di fine inverno si trova sui rami lignificati, più tardi, s’insedia sui rametti verdi delle zone interne e ombreggiate della chioma.
Sono specifiche da tenere in considerazione per un efficace trattamento fitosanitario, da eseguire a partire dalla fine dell’inverno e non oltre maggio.

Una prognosi razionale che si basa sulle conoscenze prevede epidemie di Cinara cupressi sempre più frequenti; oggi non si possono fare previsioni circa la capacità del cipresso di resistere alle pullulazioni dell’insetto.
Gli esiti degli attacchi sulle chiome sono sconcertanti e, non è raro, osservare interi viali di piante dall’aspetto agonizzante.
Gli abbattimenti vanno rinviati a dopo la ripresa vegetativa, per verificare se l’albero è ancora vivo.
Attacchi ripetuti della Cinara cupressi indeboliscono le piante: dopo aver perso le foglie devono ricostruire la chioma, ricorrendo ogni volta alle sostanze di riserva accumulate che, a causa della rinnovata caduta, non riescono a ristrutturare.
Questi preziosi prodotti dell’attività della pianta, sono conglobati nei tessuti e costituiscono un bottino prezioso, un risparmio per far fronte ai periodi difficili.
Alberi deboli vengono meno alle loro funzioni e restano esposti ad attacchi di ogni genere (il S. cardinale è endemico), anche da parte di parassiti che in altro momento non avrebbero temuto.

Conclusioni

Il cipresso non è incorruttibile. La cura del cipresso e la sua salvaguardia passano attraverso un rinnovato interesse e un’azione di riordino che preveda pratiche giudiziose, ispirate alla biologia dell’albero.
Le azioni di contrasto alle malattie del cipresso devono essere pragmatiche, sostenibili, mosse da obiettivi, rese organiche e non frammentarie.
Oggi disponiamo delle conoscenze necessarie per effettuare risanamenti conservativi di alberi malati e progettare piani fitosanitari di lotta chimica sensati.
La lotta bio verso il cancro e l’afide purtroppo è ancora solo un sogno.
Per i giovani impianti sono disponibili vari cloni che derivano da alberi resistenti al cancro corticale, caratterizzati da architettura della chioma, colore delle foglie, resistenza al freddo e altre qualità, che li rendono adattabili a molti ambienti.

© Graziano Poli

Bibliografia:
Il cipresso dalla leggenda al futuro, di Alberto Panconesi -Istituto per la Protezione delle Piante – CNR;
Il nostro amico cipresso (convegno sulle avversità del C. sempervirens), P.F. Roversi e M.V. Covassi – Estratto annali A I S F;
Cipreses Monumentales, Patrimoine du Méditerranéen- Progetto MedCypre;
Cypress: An Essential Tree Of Landscape, Economy And Tradition Of The Mediterranean Countries – Roberto Danti, Gianni Della Rocca, Vincenzo Di Lonardo, Alberto Panconesi, Paolo Raddi – CNR.

Eurogreen pianifica rilievi per monitorare la presenza del cancro del cipresso e dell’afide del cipresso.
La competenza conseguita in anni di ricerca pratica e la passione verso gli alberi, hanno contribuito a sviluppare efficaci progetti per la cura delle loro malattie.
Abbiamo radici che affondano in un fecondo terreno di conoscenza.

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